di Walter Finocchi
Le condizioni per il successo dell'inserimento lavorativo
In occasione dell’avvio del progetto “P.R.A.S.S.I. – Percorso di Ricerca per l’Accompagnamento di Soggetti Svantaggiati all’Inserimento lavorativo” viene pubblicato di seguito un contributo di Walter Finocchi, tratto dal volume in via di pubblicazione “Everest – Agenzia di orientamento” curato da Andrea Caldelli ed edito da Pensa Multimedia Lecce.
Il progetto presentato da L’Altra Città, in partenariato con la cooperativa sociale “Solidarietà è Crescita Onlus”, e finanziato dal Consorzio denominato Espirt, si compone di due azioni ed ha come obiettivo principale quello di stabilizzare la posizione lavorativa di un soggetto ex-tossicodipendente all’interno di un’organizzazione del Terzo Settore, in particolare di una cooperativa sociale di tipo B, che adotta procedure efficaci di inserimento lavorativo.
La difficile sfida di creare lavoro e al tempo stesso restituire dignità e capacità a persone in condizioni di svantaggio, sottintende l’affermazione che il lavoro e le imprese sociali sono strumenti di empowerment individuale, ovvero di sviluppo e affermazione delle capacità delle persone e, per questa via, della loro autonomia.
Che lo sia il lavoro è noto perché capace di attivare percorsi di crescita, di autostima, di efficacia percepita delle proprie azioni e capacità; che lo sia un’organizzazione necessita qualche spiegazione in più.
Il lavoro offerto dalle imprese sociali, come da qualunque altra organizzazione, è uno strumento di empowerment perché rende autonomi sul piano economico. Ma le imprese sociali, al pari delle organizzazioni di volontariato, offrono per loro stessa costituzione (e per legge) anche altro: relazioni, confronto, accompagnamento protetto, dimensioni particolarmente rilevanti per persone che escono da percorsi che hanno oscurato determinazione e capacità progettuale.
Se consideriamo la multidimensionalità dello svantaggio e la varietà dei percorsi di impoverimento ed esclusione, limitarsi alla redistribuzione delle opportunità di lavoro non è sufficiente perché per le persone oggetto di queste attenzioni la marginalità non è determinata solo dalla mancanza di un lavoro; “inclusione sociale” e “lavoro” sono due questioni collegate, sebbene distinte.
Non si può lavorare sull’inserimento lavorativo dimenticando le altre parti della vita e per fare questo è necessario realizzare un progetto complessivo sulla persona. Ciò significa che gli interventi nei confronti di persone in situazioni di disagio devono consistere sia in azioni di politica attiva del lavoro, che in azioni di recupero, accompagnamento e reinserimento sociale.
A questo scopo, sono stati individuati una serie di elementi (metodi, tecniche e strumenti) che caratterizzano l’azione svolta dall’impresa, elementi interni ed esterni.
Gli elementi interni all’azienda
Gli elementi interni la cui presenza rafforza la probabilità di successo degli inserimenti lavorativi, sono legati, in buona sostanza, alla disponibilità di risorse umane dedicate a questo scopo. Non è un’osservazione sorprendente poiché è convinzione da sempre acclarata che la principale ricchezza delle organizzazioni non-profit sia rappresentata dalle persone che si impegnano al loro interno (Borzaga, 2000); altrettanto noto è che le competenze e le motivazioni sono fondamentali per trasformare un inserimento lavorativo in un’azione di recupero e valorizzazione dell’identità individuale delle fasce deboli del mercato del lavoro.
Le imprese sociali che si riconoscono in questa visione si danno una struttura organizzativa coerente, consapevoli che spesso l’insuccesso dell’inserimento è strettamente collegato alla tipologia di disagio e alla ciclicità di alcune patologie, dato ben conosciuto da parte degli attori che prendono in carico l’inserimento lavorativo di un soggetto svantaggiato.
Il ruolo chiave nelle organizzazioni più strutturate è quello del responsabile delle risorse umane e degli inserimenti lavorativi. Nelle organizzazioni dove il responsabile non è presente, le attività di questo ruolo sono parzialmente svolte da altre figure che operano.
La presenza di tale figura è un indicatore importante che non è legato, si può osservare, né alla dimensione della struttura né alla sua “anzianità”: ciò implica che le dimensioni ridotte non postulano necessariamente una gestione “informale” dell’organizzazione. Tuttavia la presenza del responsabile delle risorse umane e del responsabile degli inserimenti lavorativi è rara nelle aziende non profit (come in tutte le altre imprese) per problemi di natura economica.
L’esperienza delle cooperative sociali nelle quali, in modo quasi esclusivo, questa figura è prevista, mostra che questo ruolo racchiude una serie di competenze preziose per qualsiasi realtà imprenditoriale che potrebbe trarre spunto per progettare percorsi di rafforzamento della motivazione delle proprie risorse umane, troppo spesso poco valorizzate, ma determinanti per garantire i risultati aziendali voluti. In altri termini un non corretto presidio della funzione che si occupa delle risorse umane, in particolare di quelle svantaggiate, può rappresentare un limite allo sviluppo delle organizzazioni (Ambrosio, Bandini, 1998). Il riferimento è a colui che è responsabile della gestione del personale che non si occupa degli adempimenti giuridico-amministrativi (contratti e altro), ma di valorizzare il contributo dei singoli al risultato complessivo dell’organizzazione.
Anche la presenza dei volontari nelle organizzazioni non-profit è di vitale importanza, sia per ragioni qualitative che quantitative. Le attività di queste persone sono caratterizzate da valori importanti quali la spontaneità e la gratuità, valori che rafforzano la dimensione identitaria delle imprese sociali, chiamate non solo a operare, ma anche a cambiare il mercato, contaminandolo con i valori di cui sono portatrici.
I volontari, inoltre, hanno anche una funzione operativa perché permettono di integrare le risorse umane impegnate, spesso scarse, soprattutto nelle organizzazioni di piccole dimensioni che presentano problemi di natura economica e tensioni finanziarie.
Per questi motivi i volontari non possono essere considerati figure coinvolte una tantum, ma valorizzati come risorse “professionali”, seppure non sostitutive di quelle professionali. La loro presenza nella fase dell’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate costituisce un elemento positivo perché rafforza il sentimento di appartenenza delle persone all’impresa non-profit, e aumenta la tensione verso la mission e i valori aziendali.
Un secondo aspetto interno centrale per il successo degli inserimenti lavorativi è l’esperienza aziendale nella costruzione di progetti personalizzati per ogni singolo soggetto svantaggiato.
È pratica comune nelle cooperative sociali attivare azioni di accompagnamento in grado di ridurre, gli impatti critici tra la persona e l’ambiente lavorativo soprattutto nella prima fase di ingresso in azienda come pure nella fase di consolidamento, attraverso il monitoraggio continuo e le verifiche intermedie e finali che coinvolgono i destinatari e che mirano a ricalibrare il progetto di inserimento in base alle nuove esigenze emerse.
Particolare attenzione viene dedicata anche ai momenti di valutazione, individuali e di équipe, dell’intero processo, soprattutto laddove è presente il responsabile dell’inserimento lavorativo con competenze tecniche, educative e relazionali. Per mantenere nel tempo i risultati, occorre prima di tutto puntare sullo sviluppo di tutte le risorse umane, che operano a vario titolo (dipendenti, collaboratori, volontari, ecc.) sia creando, come detto, un profilo unico di responsabile delle risorse umane/responsabile degli inserimenti, sia investendo in formazione specifica.
Gli elementi esterni all’azienda
Le condizioni esterne di successo dei percorsi di inserimento lavorativo sono principalmente due: l’esistenza di una rete di istituzioni e organizzazioni di cui l’impresa sociale può essere parte; la presenza di servizi provinciali per il collocamento efficienti e collaborativi.
La capacita di fare rete degli attori del territorio è un elemento vincente per le organizzazioni. Le collaborazioni instaurate tra diverse cooperative, i protocolli d’intesa e le convenzioni previste nella normativa di riferimento e stipulate con i servizi del territorio e l’adesione alle reti consortili e associative contribuiscono a sviluppare un’abilità di coprogettazione che ogni attore arricchisce con la propria specifica esperienza.
La capacità di stare nella rete costituisce un punto di forza nei percorsi di inserimento lavorativo, che è sempre pensato e progettato all’interno di un sistema di relazioni in cui diversi attori scambiano le loro competenze per garantire un approccio multispecialistico e multidisciplinare, attento alla persona nella sua totalità e non focalizzato solo su alcuni aspetti specifici.
Il servizio di collocamento mirato è chiamato non di rado ad affrontare problemi di diversa natura che intralciano l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Ogni territorio è caratterizzato da un particolare tessuto socio-produttivo; di conseguenza il numero di soggetti svantaggiati che gravitano intorno agli uffici competenti non sono sempre compatibili con la quantità e la qualità delle mansioni disponibili.
Inoltre, anche laddove si riesca a individuare il binomio ottimale tra persona svantaggiata da inserire e mansione, non sempre si prospettano agevoli l’avviamento e l’inserimento lavorativo della persona, per diverse ragioni: talvolta coloro che sono disponibili al lavoro non possiedono le caratteristiche richieste dai datori di lavoro del territorio; in altri casi le aziende evidenziano, per problemi organizzativi o congiunturali, la necessità di inserire personale svantaggiato in maniera graduale; infine soprattutto nella fase iniziale dell’inserimento la persona, sebbene in possesso delle competenze richieste, può aver bisogno di particolari forme di sostegno e accompagnamento.
Nell’ambito della rete dei servizi del collocamento mirato, sono presenti, con diversi ruoli e responsabilità, soggetti di natura pubblica (Regione, Provincia, Comune e Asl) e soggetti privati (imprese for profit, organizzazioni non profit, utenti e loro rappresentanze). Il governo delle relazioni esistenti e possibili tra questi diversi soggetti, appare come l’aspetto più critico dell’intero sistema dei servizi.
Infine sembra opportuno evidenziare una ulteriore difficoltà. Le organizzazioni non-profit che intendano promuovere l’inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati, sono chiamate oltre che a occuparsi direttamente dell’inserimento, a molteplici altre attività collaterali: stipulare convenzioni con i servizi e le imprese per l’inserimento temporaneo di disabili; partecipare con attività di tutoraggio e accompagnamento ai percorsi formativi e di inserimento previsti per i singoli soggetti; partecipare all’erogazione dei servizi del collocamento mirato con servizi di supporto all’azione degli operatori pubblici; rappresentare nelle diverse sedi istituzionali previste gli interessi dei soggetti deboli e svantaggiati.
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