Famiglie e criticità sociale

A cura di Enzo Capitani

 
La nostra costituzione dedica alla famiglia una serie di articoli tra loro strettamente connessi con i quali i nostri costituenti intesero riconoscere la famiglia come realtà originaria e primigenia rispetto allo stato, mettendone inoltre in risalto le fondamentali e peculiari funzioni per lo sviluppo della persona, che in essa trova un contesto di reciproca solidarietà tra più generazioni.

La famiglia a tutt’ oggi, oltre ad esercitare numerose funzioni di utilità pubblica garantisce alla società la sua continuità in quanto luogo dove, oltre all’educazione, la persona apprende l’importanza della collaborazione e della solidarietà sviluppando le proprie capacità relazionali, legami di fiducia e di reciprocità.

Recentemente per questo è stata anche definita capitale sociale primario, per il suo contributo cruciale alla formazione del capitale sociale secondario, che si costituisce cioè in un secondo tempo, grazie alle reti di relazioni associative nella comunità:
è in famiglia infatti che si impara ad aspirare all’unità, a promuovere relazione, con la forza dell’accoglienza e la difesa dell’ individualità, nel riconoscimento delle fragilità e specificità della persona.

Nel periodo di crisi politica, economica e culturale che stiamo attraversando si rafforzano le paure, la sfiducia con conseguenti conflitti che portano alla disgregazione del tessuto sociale.

La famiglia stessa subisce direttamente le conseguenze di questo fenomeno in quanto in ogni istituzione si rileva l’ esistenza di tutte le disfunzioni delle istituzioni.

Di fronte al ridursi della spesa pubblica, ogni gruppo familiare si trova ad assolvere immensi compiti economici, aumentando il suo ruolo di welfare alternativo e sostitutivo rispetto allo stato, diventando inevitabilmente l’unico ammortizzatore sociale.

É noto che la maggior parte delle famiglie sono costrette ad assumersi il peso principale dell’assistenza agli anziani e molte ancora restano la principale fonte di sostegno ai più giovani con problemi di disoccupazione o precariato; ormai si sono create delle vere e proprie reti familiari dove i componenti si scambiano aiuti in tempo, risorse e servizi, in modo continuativo.

É arrivato il momento di riconoscere alle famiglie il loro intrinseco valore di “legante”sociale nella comunità, promuovendo la loro valorizzazione come soggetto istituzionale, affinché le istituzioni stesse ne riconoscano il suo ruolo come fulcro della società.

Per questo è necessario trasformare le ormai obsolete politiche “per” la famiglia in politiche “con” la famiglia, non analizzandola più come destinatario di provvedimenti amministrativi ma come soggetto istituzionale in grado di partecipare alle decisioni che riguardano le sue problematiche.

Oggi la famiglia, accollandosi responsabilità di ogni genere da notevoli contributi concreti al benessere della collettività, ed e’, con molte fatiche, fonte di garanzie e opportunità per i suoi componenti.

Nelle famiglie sarà perciò indispensabile riportare la coscienza della loro dimensione sociale, affinché non siano più sovrainvestite di responsabilità e al contempo sottostimate come figure di riferimento da cui partire per costruire una comunità più fiduciosa e avanzata nella sua organizzazione sociale.

Alcune criticità sociali a Grosseto

  1. Dormitorio – Penso che il numero di posti letto oggi presente in città sia sufficiente. Si tratta infatti di 12 posti letto attualmente presenti 8 in Via De Amicis (gestiti dal Comune tramite COeSO) e 4 alla Parrocchia del Cottolengo (gestiti dall’ Associazione “Le Querce di Mamre”).
    Se si vuole migliorare questo servizio, si può prevedere 3/4 posti letto in più e riservarlo esclusivamente alle donne.
  2. Poggio di Roselle – Intervento di emergenza abitativa per circa 90 nuclei familiari.
    Credo che molta tensione che si viene a creare sia determinata dalle problematiche personali che unite a spazi ristretti faticano ad essere gestite. Gli spazi abitativi sono in effetti quelli di “appartamenti” (?) alberghieri degli anni ’70. Per migliorare il servizio occorrerebbero iniziative di “animazione territoriale” rivolte sia ai bambini che agli adulti in modo da alleggerire la tensione.
  3. Via Sforzesca – Pur essendo un intervento di emergenza abitativa come il Poggio, non presenta la stessa tensione, proprio perché le unità abitative sono indipendenti e si affacciano direttamente sull’esterno della Via, alcune hanno anche un ingresso a terrazzino.
    Anche qui si può prevedere un progetto di “animazione territoriale” per evitare l’emarginazione.
  4. Problema sfratti – È indubbiamente il problema di più difficile soluzione perché richiede scelte politiche che investono il problema “lavoro” e quindi richiede una politica di ricerca “investimenti”.

Nella fase acuta come quella che viviamo adesso occorre una forte sinergia, senza pregiudizi, tra le istituzioni e il mondo del volontariato e del terzo settore, e sviluppare una politica di accompagnamento, l’unico modo, per me, per non cadere nell’assistenzialismo.

 
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