Orientare con le storie. Intervista a Fabio P. Corti
Maestri, tutor, mentori: e si potrebbe andare avanti a lungo aggiungendo tutti i termini che hanno a che fare con l’educazione, perché sono tanti, ognuno recante una diversa sfumatura di significato ma tutti concorrenti a comporre nel nostro immaginario quell’idea di “figura di riferimento” così importante quando pensiamo al bisogno dei ragazzi di apprendere, assorbire, valori, comportamenti, nozioni, modalità di ragionamento. Senza arrivare a favoleggiare di quando esistevano Chironi che si votavano a istruire stuoli di Patrocli e Achilli, potremmo concentrarci su una figura professionale estremamente attuale, quella dell’orientatore. Ma “cosa fa” un orientatore? Ne abbiamo incontrato uno esemplare, e queste sono le sue riflessioni in merito.
– Puoi descrivere la figura professionale dell’orientatore? Quali sono secondo te le competenze principali necessarie a svolgere questo lavoro?
L’orientatore è un professionista che lavora a contatto con persone che hanno bisogno di essere supportate nel mettere a fuoco le proprie competenze o la strada per raggiungere il proprio obiettivo professionale. Le competenze necessarie sono senza dubbio legate alla parte dell’ascolto ed alla comunicazione (saper ascoltare, saper comunicare), inerenti anche alla stimolazione di un’autoefficacia percepita dalle persone con le quali si trova a lavorare l’esperto di orientamento. Occorrono conoscenza del territorio e delle reti principali dove si possono ricercare risorse utili per il raggiungimento di obiettivi professionali differenti espressi dalle persone. Sono competenze che potrebbero essere collegate ed ambiti psicologici, ma non è così. L’orientatore è chiamato a supportare e stimolare non ad analizzare una persona, questo professionista accompagna la persona verso definizioni di scelta, non “costringe” a scegliere.